Cari amici e amiche dell’agenzia di moda JM una delle migliori agenzie serie per modelle e modelli di Milano,il colpo d’occhio è stato favoloso, ieri sera piazza del Duomo era strapiena, la galleria Vittorio Emanuele intasata di gente fino alla Scala, ragazzi dappertutto, persino sulle impalcature. Il concertone per i trent’anni di Radio Italia ha radunato (gratis) il meglio del pop italiano davanti ad almeno cinquantamila persone raccolte anche sotto i megaschermi. «Di più non ce ne stanno» ha detto a caldo un entusiasta Mario Volanti fondatore della radio. Una vera festa, presentata da una Belen Rodriguez e da un Enrico Ruggeri in abito nero, camicia bianca e un poco di emozione. Quando è arrivata Laura Pausini (che, come ambasciatore del presidente Napolitano ha consegnato la medaglia d’oro a Volanti) c’è stato un boato che neppure allo stadio. «Resta in ascolto». E giù applausi. Insomma è stata una festa che ha due significati. Il primo, ovvio, è la consacrazione di una radio che, partendo da zero, è diventata la bandiera della nostra musica al punto da aver l’adesione incondizionata di gente come Tiziano Ferro (applaudito in modo strepitoso), Modà, Max Pezzali, Biagio Antonacci e Pino Daniele che, quando ha iniziato Yes I know my way, ha fatto ciò che qualsiasi musicista sogna: far ballare centomila persone. E così lui, inseguendo il suono spaziale della Sanremo Festival Orchestra diretta da quel diavolo di Bruno Santori, non si è trattenuto e vai così, musica stellare.
E non c’è stato neanche bisogno di arrivare, ben oltre le dieci di sera, a Gianni Morandi che, dopo C’era un ragazzo, Vita e Uno su mille, ha iniziato ad accennare le note di Piazza Grande. Omaggio a Lucio Dalla. Lui ed Enrico Ruggeri con la chitarra. Boato immane. Ed ecco il secondo, vero successo di questo concerto. In un momento così teso, pieno di incertezze sociali, la musica italiana diventa l’ancora di salvezza per una generazione, la generazione delle incertezze, trasversale, non definita dall’età ma dalla tremarella di vivere ogni giorno senza sapere come andrà a finire.